Carlo Ancelotti, volpe argentata italiana. Un manager che trasuda autorità e calma. Laddove altri allenatori seguono una filosofia calcistica totalmente consapevole e vanno alla deriva su emozionanti montagne russe a bordo campo, Ancelotti ha guidato squadre molto diverse con piani di battaglia molto diversi.
Quest’autunno a Madrid si vociferava che Carlo Ancelotti non fosse considerato la persona giusta per riportare il club in vetta alla Champions League. A metà marzo non c’è una parola che metta in discussione la competenza e la benedizione degli italiani. La svolta contro il PSG e la gestione della partita che ha mandato fuori dalla Champions Thomas Tuchel e i giocatori del Chelsea la dice lunga su Ancelotti.
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Quando il 62enne ha lanciato il progetto Everton la scorsa estate e ha preso il posto di Zinedine Zidane, le aspettative erano alte, ma altrettanto alti erano i dubbi su Ancelotti come uomo giusto.
In rotta verso il Real Madrid 35. Titolo della Liga e biglietto per le semifinali di Champions League, il dubbio è svanito.
Il primo allenatore a raggiungere le semifinali di Premier League in quattro decenni diversi, per diventare il primo allenatore a vincere lo scudetto in tutti e cinque i principali campionati europei.
Ancelotti raramente urla e ulula a bordo campo, indietreggia dalle manifestazioni di forza in conferenza stampa e generalmente tiene le luci accese. Quando Klopp e Guardiola hanno una loro filosofia di allenatore, Ancelotti si adatta alla rosa a disposizione. Dal super attacco del Real Madrid contro il Chelsea, al super difensivo contro l’Everton in un periodo che ha visto tanti infortuni.
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Citiamo Klopp e Guardiola come due dei migliori giocatori del mondo, ed è facile dimenticare Carlo Ancelotti. Se il Real Madrid vincerà la Champions League con l’italiano a bordo campo, Klopp e Guardiola dovrebbero stare ben dietro al 62enne.
Difficilmente ci fermeremo a chiederci fino a che punto Ancelotti avrebbe potuto portare l’Everton, se fosse rimasto.
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